martedì 23 ottobre 2012

Honne 本音 e Tatemae 建前

In questo post ho deciso di parlare di un aspetto sociale della cultura giapponese. Sappiamo bene che il Giappone è sotto molti aspetti un paese decisamente diverso dagli standard occidentali e questa diversità la si nota ancor più nell'interazione interpersonale, uno di questi aspetti si identifica attraverso le parole Honne e Tatemae. Queste due parole rappresentano il pensiero che è alla base del comportamento sociale di un giapponese.
Se avete avuto (o avrete) modo di interagire con dei giapponesi, avrete certo notato un alto grado di gentilezza e cortesia, un educazione e un autocontrollo sicuramente superiore agli standard europei. Difficilmente avrete modo di vedere un giapponese che "da in escandescenza", che fa a botte, urla, impreca o insulta. Non perché siano privi di emozioni o sentimenti, ma allora perché? HONNE e TATEMAE sono appunto due parole fondamentali per spiegare questo concetto.
Honne è ciò che la persona prova dentro di sé, i veri sentimenti, i pensieri, le emozioni e i desideri.
Tatemae è invece l'aspetto di sé che si mostra in pubblico, la facciata, la maschera che rispecchia gli obblighi sociali e ciò che gli altri si aspettano da quella persona.
Questi due concetti possono contrastare tra loro; ciò che si esprime (tatemae) può non essere quello che realmente si pensa (honne). Un aspetto interessante è che mentre questo nella nostra società verrebbe visto come un atteggiamento falso pertanto negativo, nell'ottica giapponese il tatemae non è affatto dispregiativo ma la normalità. 
Se andate in un Hotel (in Giappone) e chiedete una stanza, ma in quel momento non ve ne sono disponibili, quasi sicuramente non vi verrà risposto che "no, non ci sono più stanze libere", ma si verrà piuttosto invitati ad attendere, con la famosa espressione "chotto..." l'impiegato si metterà a cercare nel computer, magari farà qualche telefonata... Tutto questo per non dire chiaramente che non c'è disponibilità di camere, perché sarebbe scortese verso il cliente e non soddisfare la richiesta metterebbe in imbarazzo l'azienda. Questo è tatemae.

Come esperienza personale posso raccontarvi di quando al mio primo viaggio e completamente a digiuno di giapponese (non sapevo nemmeno dire si e no!), a Tokyo nel quartiere di Akihabara, da Animate, ho chiesto uno specifico artbook al commesso. Prima lo ha cercato davanti a me, poi ha chiesto in cassa, in seguito lui e la cassiera si sono attaccati al telefono, poi è arrivato un'altro commesso da uno dei piani inferiori hanno confabulato e ha cercato di dirmi che non lo trovavano, visto che io non mollavo alla fine quest'ultimo mi ha fatto un profondo inchino di scuse davanti a tutti i clienti presenti e ha messo le braccia a X. Forse ero più in imbarazzo io per averli portati a quel punto, mi sono davvero vergognato e me ne sono andato, anche se poi ragionandoci non ho fatto niente di strano... Ovviamente il commesso si era accorto subito che l'artbook non c'era ma dirmelo in modo diretto sarebbe andato contro l'etichetta sociale.

Ora so che per la cultura giapponese una risposta negativa è troppo esplicita e, se viene risposto "chotto..." o ancora peggio ti mimano una X con le mani, la risposta è NO!

4 commenti:

  1. Ahahahah questo post m'ha ricordato quello che successe a me e mia sorella ad Osaka la prima volta in Giappone ;D
    Anche noi eravamo alla ricerca di un art book di Ai Yazawa ed abbiamo scatenato l inferno, un adunata di commessi, chiamate e facce depresse ahahahahha

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    1. Hahaha compagno delle stesse avventure ^___________^

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  2. Ahahahaahahah!!! ^______^
    Questo post mi ha fatto sorridere!!! ^____^

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    1. Sono contento che ti sia divertita ma è tutta vita vera :D

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